Introduzione al Canto
Registri & Passaggio
Esempi
Vocalità
I registri della voce e il passaggio
di Franco
Fussi
In La voce del
cantante vol II, Ed. Omega Torino, 2003
La descrizione più comune del termine di
registro è
quella che identifica con tale termine un ambito di
frequenze, cioè un
gruppo contiguo di note, che possiedono uno stesso
timbro vocale e in cui tutti i toni vengono
percepiti come prodotti in modo simile. La
definizione risale al Garcia, che scriveva nel suo
trattato sul canto: “Colla parola registro noi
intendiamo una serie di suoni consecutivi e omogenei
che vanno dal grave all’acuto, prodotti dallo
sviluppo di uno stesso principio meccanico, e la cui
natura differenzia essenzialmente da un’altra serie
di suoni ugualmente consecutivi ed omogenei prodotti
da un altro principio meccanico. Tutti i suoni
appartenenti allo stesso registro sono per
conseguenza della stessa natura, qualunque sieno
d’altronde le modificazioni di colore e di forza cui
si assoggettano”.
E’ stato stabilito dalla moderna fisica acustica e
dalla foniatria che i registri vocali sono in
realtà eventi di tipo esclusivamente laringeo
consistenti in una serie o ambito di frequenze
consecutive prodotte con qualità fonatorie
identiche, identificabili attraverso rilievi
percettivi, acustici, fisiologici ed aerodinamici.
Nella didattica della voce cantata, parimenti,
quando si parla di registro si intende una serie di
suoni contigui di uguale timbro, prodotta da una
stesso meccanismo laringeo ed in rapporto
equilibrato con particolari adattamenti delle cavità
di risonanza. Questi adattamenti risonanziali hanno
determinato il fiorire di terminologie varie e
discordanti che fanno dei registri un argomento
alquanto confusivo, sia per fattori di ordine
storico-musicale, legati allo sviluppo della
vocalità cantata, che per l’estensione del termine a
qualità timbriche che dipendono invece
esclusivamente da atteggiamenti assunti dalle cavità
di risonanza e che sono assimilate sotto il termine
di registri di secondo ordine, come ad esempio gli
aggettivi di “aperto” e “coperto” che si usano
attribuire a precise qualità d’emissione di un
suono.
Nel parlato, utilizzando cioè note gravi
dell'estensione vocale fisiologica, si sperimenta
notoriamente la consonanza vibratoria della gabbia
toracica, quella che è gergalmente e
impropriamente- detta “risonanza di petto”, la quale
comprende, almeno per l'uomo, l’ambito tonale della
voce di conversazione.
L'intensità di tale sensazione vibratoria diminuisce
salendo la gamma tonale fino ad un punto in cui, nel
comune parlante o nel cantante ai primi studi,
l'ascesa tonale si accompagna ad un radicale
mutamento di qualità dei suoni, con timbro più
chiaro e lieve innalzamento della laringe. Questo
evento corrisponde a ciò che alcuni maestri chiamano
il primo passaggio.
La qualità vocale di questo secondo gruppo di suoni,
che può corrispondere nel comune parlante al range
della voce di chiamata o gridata, interessa un
intervallo di quarta o di quinta, oltre al quale la
fonazione viene realizzata con sforzo muscolare
notevole, con possibilità di rottura del suono, un
fenomeno analogo al cantante che prende una “stecca”
su toni della seconda ottava della sua estensione.
Questo secondo limite è ciò che viene definito
secondo passaggio.
Rappresentando quest'ultimo il mutamento fisiologico
più radicale dell'impostazione nel canto, almeno per
le voci maschili e sopranili, il termine "passaggio"
è solitamente usato ad indicare il secondo
passaggio.
Quello che fa in realtà il cantante lirico è
cercare di equilibrare le necessità di allungamento
delle corde vocali nel salire ai toni acuti con il
controllo dell’azione del muscolo vocale, il quale
permette un buon contatto glottico e mantiene in
vibrazione tutto il corpo cordale, e con il
controllo della posizione laringea, che tenderebbe a
salire durante l’ascesa agli acuti. Ciò permette, da
un punto di vista acustico, il mantenimento della
concentrazione dell’energia acustica nella zona di
armoniche definita come “formante del cantante”,
situata intorno ai 2500-3000 Hz, che dona
all’emissione cantata quella caratteristica timbrica
che riconosciamo facilmente nel canto lirico
impostato, in altri contesti definita come “voce
piena” o anche “registro pieno”. Nel caso del
proseguimento in acuto senza questi adattamenti si
sconfina in una vocalità tesa e gridata, tipica
degli urlatori, e quindi più (ma non soloÅ )
caratteristica della vocalità leggera (nel senso di
non classica, non lirica), in cui sono presenti
paradossalmente anche più armoniche rispetto al
canto lirico, ma con intensità ridotte e senza
rinforzo nella zona definita come “formante del
cantante”: l’impressione è quella del canto forzato,
dove più che l’intensità della voce colpisce il
senso di sforzo e una qualità vocale pressata e
tesa. In questo senso si dice che il cantante non
“passa” di registro, cioè non fa quelle modifiche
necessarie al suo apparato per proseguire sugli
acuti in maniera “lirica”, cioè sviluppando la
citata ”formante”. Il più evidente “cambio” di
registro consiste ovviamente nel passaggio, salendo
agli acuti, all’emissione in falsetto, ma questa
modalità non caratterizza il canto classico, se non
occasionalmente a scopo caricaturale o nei
pianissimi di alcuni tenori leggeri, ma alcuni
generi vocali moderni o folclorici come il jazz, il
pop, lo jodel. La transizione tra suono “pieno” e
falsetto è comunque occasionalmente, anche se non
infrequentemente, utilizzata nel canto lirico, ad
esempio a scopo caricaturale (categorie vocali
maschili che simulano la corda femminile: un
esempio, don Bartolo a Rosina: “per disegnare un
fiore sul tamburo”) o in smorzature dell’emissione
verso i “pianissimo” su toni generalmente acuti da
parte di tenori, non solo leggeri o lirico-leggeri.
........
Scriveva, nel 1898, H.H. Curtis nel suo ”Voice
building and tone placing”: “Il Garcia scrivendo nel
1861 divide la voce in tre registri, petto, falsetto
e testa, tutti e tre comuni ad ambedue i sessi con
la differenza che la donna si estende più nelle note
di testa e l’uomo in quelle di petto. Egli divide
inoltre il registro di petto in superiore ed
inferiore e così fa del registro di testa, creando
così cinque distinti meccanismi.
M.me
Seiler segue il Garcia in questa divisione dei
registri ed Emil Behnke divide la voce in un
registro grosso (petto), in uno sottile (falsetto) e
in uno piccolo (testa). I primi due li divide poi in
superiori ed inferiori, accordandosi in questo col
Lennox Browne nell’opera scritta in collaborazione.
Il dr.Wesley Mills sembra accordarsi nelle divisioni
del Garcia e della Seiler; ma in una lettera privata
a Sir M.Mackenzie dice che non ha nessun desiderio
di esser designato come un pugnace propugnatore di
alcuna delle divisioni dei registri adottate finora.
Il Mandl è partigiano dellla divisioni in due soli
registri ed applica il termine inferiore a quello di
petto e superiore all’altro di testa. Il Bataille il
Koch il Vacher il Gonguenheim e Lermoyez e il
Martels si dichiarano anch’essi per due registri”.
Il caos nella terminologia sui registri riflette una
mancanza di conoscenze obiettive, che permette di
dare enfasi più alla scelta terminologica che non a
ciò cui essa corrisponde in riferimento al
funzionamento delle corde vocali.
E’ tuttavia in genere riconosciuto dalla
trattatistica che, nel cantante, la mancanza di una
tecnica adeguata rende evidenti i registri ed il
passaggio da uno all’altro.
Una delle finalità classiche
della pedagogia della voce cantata è quella di
ridurre o eliminare le variazioni timbriche tra i
registri, ottimizzando il passaggio da un registro
all’altro con il minor cambiamento timbrico
possibile.
Sicuramente ciò
viene ricercato nelle vocalità lirico “pure” e più
adatte al canto legato o spianato, o in genere di
concezione belcantista. Tra alcuni esempi
eccellenti i primi che vengono alla mente- Mirella
Freni, Mariella Devia, Teresa Berganza, Roberto
Alagna, Jussi Bjoerling, Renato Bruson, ecc.
Ma esiste anche un’altra estetica in cui
la diversità timbrica tra vari comparti tonali
dell’estensione viene sfruttata a scopo
interpretativo in vocalità più “aggressive”, adatte
al canto di sbalzo, e in genere di concezione più
drammatica, o in altro modo virtuosistica. Tra i
tanti esempi possibili: Rockwell Blake, Marilyn
Horne, Maria Callas, Lucia Valentini Terrani, Josè
Cura, Francesca Patanè, ecc.
.....................
TECNICAMENTE e FISIOLOGICAMENTE ..
Come abbiamo detto, l'azione
muscolare del meccanismo laringeo diviene, salendo
la gamma tonale, sempre più intensa (parlando di
registri laringei essa viene anche detta, nella
letteratura scientifica anglosassone, meccanismo
“pesante” o "heavy mechanism"), fino ad un punto in
cui o avviene un “break” vocale, per ipercinesia
fonatoria, o si prosegue nel cosiddetto falsetto, a
meno che, come avviene nel canto lirico, il
rimaneggiamento della conformazione delle cavità di
risonanza e un equilibrio tra le necessità di azione
continuata del muscolo vocale e di allungamento
della corda, evitino che il tempo di contatto delle
corde vocali durante il ciclo vibratorio aumenti
sempre più (cosa che caratterizzerebbe una emissione
gridata e spinta), o che l’allungamento cordale
stesso sia ad un certo punto compiuto per abbandono
dell’azione del muscolo vocale, prevalenza del
muscolo cricotiroideo e innalzamento della laringe
(cosa che caratterizza il falsetto, dove la corda è
allungata e rigida e vibra solo il bordo libero).
....................
A questo punto dobbiamo specificare, semplificando,
la funzione dei due muscoli tensori delle corde
vocali, il muscolo vocale e il muscolo cricotiroideo.
Il muscolo vocale, o tiroaritenoideo, è il muscolo
che detiene la forza di accollamento delle corde
vocali da un lato, e ne determina l’accorciamento
dall’altro. Il primo fattore permette di realizzare
una ampia vibrazione delle corde vocali con buon
tempo di contatto e formazione di un segnale con
ricca componente armonica, mentre l’accorciamento
della corda permette la produzione di un basso
numero di frequenze vibratorie al secondo cioè
l’emissione dei toni gravi dell’estensione. Il
muscolo cricotiroideo, esterno all’impalcatura
cartilaginea, permette attraverso il basculamento in
avanti e in basso della cartilagine tiroidea su
quella cricoidea, l’allungamento interno delle corde
vocali, gestendo così il settore tonale acuto, la
capacità di salire verso le note acute. Questo è in
genere accompagnato anche da innalzamento della
laringe e conseguente irrigidimento del corpo
cordale. La porzione vibrante della corda è in
queste condizioni il solo bordo di contatto tra le
corde stesse col risultato di produrre un suono
acuto ma povero di armonici, un suono appunto in
“falsetto”. Quando si stabilisce invece un
equilibrio tra la necessità di non sollevare la
laringe (perché non si riduca l’ampiezza delle
cavità di risonanza), le esigenze di accollamento
delle corde vocali (perché continuino a vibrare in
tutta la loro “massa”) e quelle di allungamento per
eseguire note acute, si sale in voce cosiddetta
“piena”, tipica della voce “lirica”, si risolve cioè
quel punto critico che è definito come passaggio
mantenendo simile la qualità vocale tra i toni medi
e quelli acuti dell’estensione.
Come abbiamo accennato, i due muscoli tensori delle
corde vocali, il muscolo vocale e il muscolo
cricotiroideo, governano le capacità di estensione
di una voce, nell’ambito delle due classiche ottave
con cui si è soliti individuare grossolanamente una
categoria vocale, la quale almeno in termini di
estensione- dipende dalla lunghezza, larghezza,
massa anatomica delle corde vocali stesse e dalla
loro componente elastica (a titolo puramente
indicativo: do3-do5 per il soprano, la2-la4 per il
mezzosoprano, fa2-fa4 per il contralto; do2-do4 per
il tenore, la1-la3 per il baritono, fa1-fa3 per il
basso).
La frequenza fondamentale della voce, la nota emessa
dall’artista, corrisponde alla frequenza di
vibrazione delle corde vocali ed è espressa in cicli
di ondulazione al secondo (Hertz). Tale frequenza
vibratoria è poi direttamente controllata dallo
stato di tensione ed allungamento delle corde vocali
momento per momento: ad elevati gradi di
allungamento e stiramento corrisponde un cospicuo
numero di vibrazioni al secondo (con emis-sione di
toni acuti) e viceversa.
L’ampia gamma di estensione della voce umana
comprende quasi cinque ottave: l'emissione della
nota più grave del basso (Do l) comporta solo 65
vibrazioni al secondo mentre il Sol sovracuto del
soprano di coloratura (Sol 5) corrisponde ad una
frequenza di 1567 Hertz.
Per inciso, è dunque facilmente intuibile il motivo
per cui, a parità di tecnica vocale, risultino più
esposti alla possibilità di traumatismo (con
potenziale formazione di lesioni o infiammazioni
cordali) i cantanti a tessitura` acuta i quali, a
parità di perizia tecnica, possono sottoporre le
proprie corde vocali ad un numero molto più elevato
di urti. Ecco perché è più facile sentire annunciare
una indisposizione di un soprano o di un tenore
piuttosto che di una voce più grave.
La sorgente della voce è controllata in parte dal
flusso aereo che attraversa le corde vocali (a sua
volta controllato dalle dinamiche respiratorie) e in
parte dagli adattamenti delle corde stesse (a loro
volta controllati dalla muscolatura laringea).
Questi due fattori determinano il controllo sulla
nota emessa (frequenza fondamentale), sul volume
(intensità del suono) e su alcune caratteristiche
timbriche legate al tempo di contatto tra le corde
vocali durante la loro vibrazione.
L’altezza tonale, la nota, è determinata
principalmente dalla tensione (elasticità) e dallo
spessore (massa vibrante) delle corde vocali. La
tensione viene variata dall’allungamento delle
corde: le variazioni della lunghezza determinano
perciò variazioni della frequenza di fonazione. Sono
i muscoli intrinseci (vocale e cricotiroideo) a far
variare tale lunghezza.
Particolarmente il muscolo vocale o
tiroaritenoideo è considerato importante per i
registri; finché è attivo la voce acquista quelle
caratteristiche che la fanno inquadrare nel registro
modale, mentre si riconosce l’emissione in falsetto
non appena il muscolo vocale cessa la sua azione
tensoria sulle corde vocali.
Durante l’emissione in registro pesante, dunque,
l’altezza tonale è innalzata per incremento
d’attività del cricotiroideo con mantenimento di una
buona attività del muscolo vocale.
Il meccanismo
pesante corrisponde al registro “pieno”, o voce
piena, a sua volta distinta, esclusivamente in base
a fenomeni di consonanza vibratoria, in voce di
“petto” (suoni gravi) e di “testa” (suoni acuti); il
registro di falsetto corrisponde invece al
meccanismo leggero.
I termini “pieno” e “falsetto”, sono inoltre
equivalenti ai termini “modale” e “loft” della
letteratura anglosassone, e risultano più familiari
alla terminologia corrente tra i cantanti italiani.
Durante la vibrazione delle corde vocali il ciclo
glottico è caratterizzato da una fase di chiusura e
una di apertura.
....................
Il
meccanismo pesante è perciò caratterizzato da una
maggior componente armonica.
Le due definizioni che nella pedagogia
artistico-vocale appaiono più frequentemente
nell’ambito del meccanismo pesante, sono quelle di
voce o registro di petto e voce o registro di testa,
riferendosi, in maniera approssimata, l’espressione
“di petto” al settore tonale più basso e “di testa”
a quello più acuto.
Tale modalità d’emissione è quella più usata nel
canto lirico, con eccezione per le voci femminili o
maschili-leggere negli acuti.
Nel descrivere i suoni emessi da un cantante
lirico diciamo infatti che la sua
voce è "piena" ed
usiamo generalmente il termine voce "di petto"
per riferirci all'emissione dei toni gravi,
caratterizzati da un basso numero di vibrazioni al
secondo; tale usanza è legata alla funzione
contrattile del muscolo vocale che, accorciando la
corda, ne incrementa la massa favorendo l'insorgenza
di vibrazioni scheletriche dirette verso la cassa
toracica. Parlare quindi di voce di petto significa
fare riferimento a quel fenomeno percettivo di
pienezza del suono che provoca, nel cantante,
sensazioni di consonanza vibratoria soggettiva a
livello muscolare e scheletrico proprio nella
regione toracica.
In relazione a tale fenomeno di “vibrazione
corporea" risulta evidente come sia preferibile
l'espressione "registro pieno con consonanza di
petto", che caratterizza le regioni tonali grave e
media delle voci maschili e quella grave delle voci
femminili di mezzosoprano e di contralto.
Nel corso di un’emissione su toni ascendenti a
intervalli di grado congiunto, entra gradualmente in
attività il muscolo cricotiroideo che, situato
all'esterno dello scheletro cartilagineo, allunga la
corda. Grazie al mantenimento dell'attività tensoria
del muscolo vocale, viene evitato il sollevamento
della laringe e la conseguente riduzione dello
spazio di risonanza: in tal modo viene permesso alla
corda di vibrare in tutta la sua ampiezza ed il
suono mantiene le sue qualità acustiche di pienezza.
Le sensazioni vibratorie soggettive, essendo la
corda ora assottigliata, si dirigono verso la
scatola cranica.
Da quando Garcia visualizzò la laringe con uno
specchietto oltre un secolo e mezzo fa, è iniziata
tutta una serie di
ricerche rispetto al meccanismo di produzione della
voce e dei registri: da un lato le conoscenze
scientifiche tentavano i maestri verso metodi
diretti di manipolazione e sforzo vocale, con
concetti del tipo “spingi giù”, “allarga”, “alza il
palato”, ecc.
...
Il suono, e in particolare il “bel” suono, veniva in
quest’epoca localizzato ovunque tranne che in
laringe. Più è morbido e rotondo più sarà recepito
in basso o dietro, più è brillante più si dirà
avanti o in alto. Ogni cantante sa in realtà come
queste sensazioni propriocettive siano entrambe
presenti: è l’equilibrio tra “cavità” e “punta” per
dirla coi maestri, che dovrebbe annullare la
dicotomia tra “anteriorità e brillantezza” da un
lato e “profondità e morbidezza” dall’altro. A
queste sensazioni sono stati invece spesso
schematicamente correlati i due registri primari: il
“registro leggero” con la “voce di testa”,
correlandolo con l’impostazione del suono “in
avanti, in alto”; quello “pieno” con il “petto” e la
“ricerca di cavità”.
Analizzando
l'evoluzione storica della pedagogia del canto,
possiamo notare come l'abitudine a gestire il
settore tonale acuto con atteggiamenti in registro
pieno si sia consolidata intorno ai primi decenni
dell'Ottocento, con la ricerca dei cosiddetti
meccanismi di "copertura" del suono, dettata da
esigenze sia d’ordine stilistico ed estetico sia
legate a motivi di natura psicoacustica ambientale:
gli spazi e gli organici orchestrali tendevano,
infatti, ad ampliarsi, comportando per l'emissione
vocale problemi d’udibilità e di proiezione del
suono. Si rendeva quindi necessario individuare una
modalità di canto che potesse comunque emergere
superando i notevoli livelli d’intensità orchestrale
che ponevano sempre più problemi all’udibilità della
nota fondamentale cantata dall’artista, in quanto
stavano diventando sempre più intensi e
acusticamente competitivi con le “note” da cantare.
Si giunse così a quelle “esagerazioni nervose e
muscolari”, aborrite da Rossini, che avrebbero
caratterizzato la vocalità romantica e l'evoluzione
stilistica del melodramma, dirigendo il gusto
estetico verso l'efficacia drammatica e la
“portanza” vocale, e allontanandolo gradualmente dai
concetti di bellezza ed omogeneità di colore su
tutta la gamma tonale. Parallelamente, in nome di
esigenze più legate ad evoluzioni estetiche che
tecniche, venne meno il ricorso a quei "prodigi"
vocali che aveva-no caratterizzato la prassi
esecutiva belcantistica.
Il termine
"copertura",
comparso
nella didattica per spiegare il fenomeno
dell'omogeneità timbrica nel passaggio dal settore
medio a quello acuto dell'ambito tonale, è
identificabile in una serie di fenomeni di
adattamento delle cavità di risonanza nel momento
del passaggio di registro che si concretizzano in
un'abbassamento di laringe e mandibola,
appiattimento della base linguale, allargamento del
cavo oro-faringeo ed elevazione del velo palatino.
E’ dunque cosiderabile come un registro secondario,
differenziando il colore vocale, ad esempio, dai
suoni aperti, ipercinetici o con diffusione
armonica.
Coprire i suoni permette di mantenere una certa
uniformità di colore nel registro pieno durante ed
oltre il passaggio agli acuti, consenten-do una
buona udibilità per concentrazione dell'energia
acustica nella zona di armoniche tra i 2500 ed i
3000 Hz, che viene definita “formante del cantante”.
A questo fenomeno si associano, più o meno
impropriamente, modi di dire quali "girare la voce".
Le cavità di
risonanza esercitano la loro influenza sulla
configurazione delle corde vocali sia sul piano
della ricerca del colore (chiaro, scuro, aperto,
coperto) che sul piano strettamente articolatorio
fonetico.
Per quanto riguarda il
colore
è essenziale ricondursi a due fenomeni
acustico-percettivi: il primo è quello appena
descritto della “copertura”, che nel ricercare il
controllo di un ampio spazio ipofaringeo (come
inducono i suggerimenti pedagogici dello “sbadiglio”
e dell’ “affondo”) realizza una intensificazione
formantica sui 2500-3000 Hz (la citata “formante del
cantante”) dando
rotondità e proiezione alla percezione del suono,
più necessario alle voci maschili o a quelle
femminili gravi. Il secondo è il fenomeno di
intensificazione della nota fondamentale che si
verifica nelle voci femminili sugli acuti, con netto
guadagno di intensità vocale, che porta ad un
notevole rinforzo in termini di udibilità della nota
fondamentale, con sensazione di un suono più
brillante. Esso viene realizzato aumentando sugli
acuti l’apertura della bocca. Per questo motivo, a
livello percettivo, quello che noi ascoltiamo
maggiormente nelle emissioni maschili è soprattutto
l’intensità della formante di canto, mentre nelle
voci femminili non gravi la frequenza fondamentale
potenziata dal rinforzo armonico.
Inoltre, durante la vibrazione, il contorno fisico
delle corde vocali è fortemente influenzato dai
fonemi vocalici, cioè dalla vocale che si sta
cantando, a causa dell’azione pressoria retrograda
sulle stesse determinata dalla messa in rapporto
degli organi di articolazione della parola.
Insieme all’altezza
e intensità, anche le vocali influenzano il rapporto
di tensione tra cricotiroidei e tiroaritenoidei,
come pure il carattere più aperto o chiuso della
vocale scelta.
I sistemi muscolari intrinseci laringei possono
allora essere influenzati ad un equilibrato utilizzo
attraverso una scelta pedagogica di selezionate
combinazioni di altezze, intensità e tipo di vocale,
che costituiscono il bagaglio didattico della scuola
di canto e che giustificano le preferenze dei
maestri di canto verso questa o quella vocale per
produrre una corretta emissione o correggere
eventuali suoi sbilanciamenti.
Se, al contrario di
quanto è stato appena descritto, si "sale" con la
voce senza "coprire" il suono modificando
l'atteggiamento degli apparati di vibrazione e
risonanza, si ottiene uno spontaneo sollevamento
della laringe con un conseguente stato di
contrazione muscolare avvertibile come un senso di
costrizione e di fatica fonatoria (si può dire che
la voce diviene "spinta", "pressata") che conduce ad
un punto in cui è impossibile risolvere l'equilibrio
delle forze muscolari coinvolte senza incorrere in
una[b] "rottura" del suono. [/b]
Poiché i cambiamenti di altezza tonale riflettono
cambiamenti di rapporto tra le cartilagini cricoide
e tiroide, possiamo affermare che i muscoli del
collo che agiscono sulle posizioni della laringe
possono cooperare con i cricotiroidei nel creare una
tensione longitudinale. E’ infatti istintivo per i
muscoli tiroioidei, muscoli del collo, innalzare la
laringe al salire dell’altezza tonale. Essendo la
cartilagine cricoide parzialmente ancorata
all’esofago e alla trachea, ne deriva allungamento
delle corde vocali. L’apparire di questa modalità
fonatoria dimostra, in realtà, una incapacità
tecnica sul controllo dell’altezza tramite i muscoli
intrinseci della laringe.
Tale evento può comunque essere anche una scelta
stilistica, come nelle frasi più tese di alcuni
generi di musica leggera ad impianto prevalentemente
melodico, come il pop e il belting.
Nella voce piena ma "spinta", il tempo di contatto
tra le corde vocali durante il ciclo vibratorio è
notevolmente allungato (oltre il 60% dell'intero
ciclo) e, a livello spettrale, si assiste a
dispersione e scarso rinforzo armonico fino oltre i
5000 Hz.: il timbro vocale assume caratteristiche
stridenti e compresse (da cui il termine di
emissione "spinta" o "forzata") perdendo quelle
caratteristiche di
"rotondità" proprie della corretta emissione
lirica. In questo caso si parla di ipercinesia
fonatoria. Modalità ipercinetiche vengono spesso
sfruttate come scelta stilistica nella musica pop e
rock (stile "graffiato").
Esistono comunque, sia nel canto lirico che moderno,
meccanismi di compenso attraverso lo sfruttamento
dei risuonatori superiori per evitare gli
atteggiamenti ipercinetici, con risultati non sempre
accettabili sul piano estetico, almeno nel canto
classico, come nel caso della nasalizzazione.
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